Fisioterapia Strumentale a Torino

Recupera la Tua Salute con Tecnologie all’Avanguardia

Benvenuto nella nostra clinica di fisioterapia strumentale a Torino, dove combiniamo competenza professionale e tecnologie all’avanguardia per fornire trattamenti efficaci e mirati per il tuo recupero fisico.

 

 

La Tecarterapia, rinomata per accelerare il recupero nel mondo dello sport, è diventata una scelta di eccellenza anche a Totino. Questa terapia non invasiva stimola i processi di guarigione e riduce l’infiammazione, raggiungendo anche i tessuti più profondi. Applicabile subito dopo un trauma o durante fasi infiammatorie, offre un rapido sollievo. Associata alla terapia manuale, garantisce risultati ottimali fin dalla prima seduta.

La Tecarterapia è particolarmente indicata per patologie riguardanti ginocchio, spalla, anca, caviglia, mani, colonna vertebrale, patologie dolorose infiammatorie osteoarticolari e muscolari, quali artrosi, lombalgie e sciatalgie, integrando l’intervento terapeutico nelle patologie osteoarticolari e muscolari cute e cronicheLesioni traumatiche acute 

Le Patologie più frequentemente risolte dalla Tecarterapia: 

Contratture, stiramenti e strappi muscolari 

Rachialgie 

Postumi di fratture 

Artropatie da malattie autoimmuni 

Mialgie 

Deficit articolari 

Quadri degenerativi 

Stiloidite radiale 

Sindrome del tunnel carpale 

Rizoartrosi 

Epicondilite 

Epitrocleite 

Sindrome della cuffia dei rotatori 

Capsuliti retrattili 

Sindrome da conflitto sub-acromiale 

Cervicalgia 

Cervicobrachialgia 

Lombalgia 

Lombosciatalgia 

Periartrite coxo-femorale 

Coxalgie/coxartrosi 

Patologie adduttorie 

Gonartrosi 

Tendinite rotulea 

Cisti di Backer 

Distorsione tibio-tarsica 

Tendinite achillea 

Borsiti 

Fascite plantare 

Metatarsalgia 

Esiti di traumi ossei e legamentosi 

Nei programmi riabilitativi post chirurgici (interventi di artroprotesi)

 

Elettroterapia e Ionoforesi:

Elettroterapia e Ionoforesi: Questa tecnica terapeutica sfrutta gli effetti dell’energia elettrica, applicando correnti attraverso il corpo per fini terapeutici. La corrente continua (corrente galvanica) consente l’ionoforesi, veicolando farmaci nella zona trattata. Le correnti variabili comprendono eccitomotorie, antalgiche (correnti diadinamiche e TENS) e termiche.

   

L’elettroterapia è consigliata per affezioni muscolari, dolori e nevriti, come sciatalgia e cruralgia. L’ionoforesi, che significa trasporto di ioni, introduce farmaci nell’organismo attraverso la pelle, usando una corrente continua. Questo metodo offre numerosi vantaggi, tra cui l’applicazione diretta del farmaco nella zona interessata, evitando la somministrazione sistemica e consentendo l’introduzione del solo principio attivo senza veicolanti, oltre ad iperpolarizzare le terminazioni nervose.

– Evitare la somministrazione per via sistemica (orale, intramuscolare, endovenosa);
– Applicare il farmaco direttamente nella sede corporea interessata dalla patologia;
– Permettere l’introduzione del solo principio attivo, senza veicolanti (eccipienti);
– Permettere agli ioni di legarsi a determinate proteine protoplasmatiche;
– Iperpolarizzare le terminazioni nervose. 

Crioterapia:

 

La crioterapia, conosciuta anche come terapia da shock-termico, ha origini antiche, risalenti ai tempi di Ippocrate, considerato il padre della medicina. Già allora, si prescriveva il trattamento con acqua fredda per alleviare dolore e infiammazioni. Oggi, la crioterapia viene impiegata per il trattamento sintomatico di traumi e patologie dei tessuti molli in fase acuta. È particolarmente efficace nella tempestiva riduzione del dolore, rappresentando il dispositivo strumentale più efficace per questo scopo.

 

LASERTERAPIA :

 

 

La lasert​erapia sfrutta gli effetti biologici del laser a scopo terapeutico. Il termine LASER deriva dalle iniziali di “Light amplification by stimulated emission of radiation” (amplificazione della luce per emissione stimolata di radiazione).

Applicazioni:

NELLO SPORT: È cruciale per gli atleti ricevere un trattamento laser immediato per riprendere rapidamente l’attività e prevenire il rischio di cronicità. Nella medicina sportiva e in fisioterapia, i laser diodi trovano ampio impiego per il trattamento del dolore, con effetti antinfiammatori e cicatrizzanti grazie alla biostimolazione.

                 

La lasert​erapia sfrutta gli effetti biologici del laser a scopo terapeutico. Il termine LASER deriva dalle iniziali di “Light amplification by stimulated emission of radiation” (amplificazione della luce per emissione stimolata di radiazione).

Applicazioni:

NELLO SPORT: È cruciale per gli atleti ricevere un trattamento laser immediato per riprendere rapidamente l’attività e prevenire il rischio di cronicità. Nella medicina sportiva e in fisioterapia, i laser diodi trovano ampio impiego per il trattamento del dolore, con effetti antinfiammatori e cicatrizzanti grazie alla biostimolazione.

 

 

 

CARATTERISTICHE DEL FASCIO LASER: la luce emessa dal laser è monocromatíca, coerente, monodirezionale e ad elevata brillanza.
– Monocromaticità: Le radiazioni elettromagnetiche del fascio laser hanno tutte la stessa lunghezza d’onda e, quindi, il medesimo colore. I laser possono essere attivati a tutte le lunghezze d’onda, dall’infrarosso all’ultravioletto. Le lunghezze d’onda nell’ambito dell’ultravioletto sono state abbandonate perchè considerate teratogene e cancerogene.
– Coerenza: Il fronte d’onda della luce laser non cambia nel tempo e tutte le onde del fascio luminoso sono in fase (coerenza spaziale e temporale).
– Monodirezionalità: A differenza della luce di una lampadina, che si diffonde in tutte le direzioni, la luce del laser si propaga in una sola direzione con dei raggi praticamente paralleli e, pertanto, con una divergenza molto piccola.
– Brillanza: La brillanza (ossia la potenza) è la proprietà principale del laser. 

EFFETTI DEL FASCIO LASER: le modificazioni biologiche indotte dalla luce laser determinano i seguenti effetti terapeutici ed estetici.
– Effetto distruttivo: I laser, attraverso il processo di evaporazione, sono in grado di distruggere i tessuti patologici senza danneggiare minimamente i tessuti sani circostanti e senza alterare le difese locali.
– Effetto biostimolante: L’effetto biostimolante del laser accelera la cicatrizzazione di ulcere o piaghe torpide. La luce laser è in grado di stimolare i mitocondri ed accelerare la produzione di ATP. L’aumentata produzione di ATP ricarica di energia le cellule per cui, se queste sono danneggiate da cause infiammatorie, traumatiche o degenerative, ricominciano a svolgere le loro funzioni fisiologiche.
– Attivazione del microcircolo: La laserterapia ha un’intensa azione vaso attiva sul microcircolo. L’attivazione del microcircolo favorisce un maggior apporto nutritizio ed un miglior drenaggio di cataboliti dai tessuti.
– Effetto antalgico: I laser determinano analgesia perchè innalzano la soglia di eccitabilità dei recettori e realizzano un’azione antiflogistica. 

MAGNETOTERAPIA :

Nella fisioterapia, la magnetoterapia (o elettromagnetoterapia) è un genere di terapia praticata a seguito di indicazione specialistica di ortopedia, fisiatria o geriatria e consistente nella opportuna irradiazione con un campo magnetico (o più) in genere localizzata. 

In funzione della frequenza del campo elettromagnetico, possiamo distinguere la magnetoterapia ad alta frequenza e la magnetoterapia a bassa frequenza. 

A volte erroneamente confusa con il biomagnetismo o con la elettrostimolazione, la magnetoterapia ha numerosi campi e numerose modalità di applicazione, ma opera principalmente nella regolarizzazione dell’equilibrio elettrochimico della cellula e restaurando la corretta permeabilità della membrana cellulare; a questo fine le zone interessate da patologie muscolari, articolari, ossee e tessutali in genere, vengono sottoposte a irradiazioni mirate. 

Oggetto di lungo studio in passato (i primi riscontri parrebbero provenire dai medici dell’antico Egitto), si è definitivamente sviluppata a partire dal XIX secolo. 

La magnetoterapia ad alta frequenza (irradiazione di onde elettromagnetiche) agisce sulle cellule ripolarizzando le membrane e di fatto rigenerandole in tempi molto brevi e con energie limitate. In pratica si ottiene lo stesso effetto che consegue il riposo notturno ma con maggiore efficacia. Il risultato é il ringiovanimento dei tessuti. L’effetto é limitato alle sole zone irradiate ed é utilizzata specialmente come coadiuvante della chirurgia estetica. Gli effetti delle onde elettromagnetiche sono noti fin dai tempi delle prime esperienze di Guglielmo Marconi, da cui trae il nome la terapia Marconi (basata su una irradiazione fissa di una sola frequenza che si aggirava sui 27MHz) 

                                       

Di recente gli effetti della magnetoterapia sull’osteoporosi sono stati riconsiderati con grande interesse e diverse ricerche affermano che abbia effetti di rilevante riduzione del processo degenerativo del tessuto osseo. 

La magnetoterapia è fortemente sconsigliata a portatori di stimolatori cardiaci pacemaker e apparecchiature elettroniche, ed è controindicata in presenza di patologie neoplastiche , in quanto ne accelera lo sviluppo, può avere effetti di vasodilatazione ed é sconsigliata in caso di insufficienza coronarica, disturbi ematologici o vascolari, alterazioni funzionali organiche, psicopatologie, epilessia, alcune malattie infettive, micosi, iperfunzione tiroidea, sindromi endocrine, tubercolosi, gravidanza. 

ULTRASUONOTERAPIA :

L’ultrasuonoterapia utilizza l’energia meccanica delle onde sonore a frequenza cosi’ elevata da non essere percepibili all’orecchio umano. Gli apparecchi di ultrasuonoterapia sono costituiti da un generatore di corrente ad alta frequenza, un cavo schermato e una testina emittente che di solito viene posta sulla zona da trattare in maniera fissa o mobile (in questo ultimo caso tra la cute e la testina stessa deve essere interposta una sostanza grassa o un gel ).

Gli ultrasuoni possono essere usati anche in acqua : la testina viene immersa nel mezzo idrico vicino alla zona da trattare. 

 

Baropodometria:

 

L’esame baropodometrico è un test che permette di valutare la qualità dell’appoggio a terra dei piedi. Il test fornisce informazioni sulle pressioni che vengono scambiate tra la superficie di appoggio del piede ed il terreno e valuta in modo approfondito la modalità di esecuzione del passo ed eventuali alterazioni della deambulazione.

Descrizione

 

Il soggetto viene messo in una posizione statica, sopra un tappeto sensibile alla pressione, mentre il suo sguardo è posto in avanti. Al tappetino è collegato un sistema computerizzato che permette di far vedere all’esaminatore, su di un monitor, gli appoggi del piede. L’analisi è costituita da due fasi principali:

 

ANALISI STATICA

 

Valuta l’appoggio del piede identificando le aree di maggiore e minore carico (che sul monitor appaiono come variazione tra il colore rosso ed il blu). Nella stessa seduta in pochi minuti, si registrano anche:

 

  • La percentuale di carico sui due piedi
  • Carico anteriore e posteriore
  • Analisi stabilometrica e dei baricentri
  • Superficie di appoggio delle piante dei piedi.

 

ANALISI DINAMICA

Viene effettuata chiedendo al paziente di camminare sulla pedana fino alla sua estremità e ritorno. La camminata può essere ripetuta più volte. Questa analisi verifica lo spostamento del peso, l’appoggio, i tempi di carico, durante la camminata. A monitor è possibile evidenziare la percentuale di appoggio sull’avampiede rispetto al retropiede, ed il dispiegarsi della deambulazione.

Valutazione

L’esame permette una valutazione anatomica e funzionale del piede, fornendo inoltre una registrazione grafica della pressione esercitata sul terreno, sia quando il paziente si trova in posizione completamente eretta, sia quando cammina. Lo studio della distribuzione di queste pressioni consente di valutare la biomeccanica posturale e locomotoria unitamente alle sue variazioni patologiche. L’esame pertanto è utile nel descrivere la morfologia, la funzione e disfunzione statica e dinamica del piede. L’esaminatore ne riceve anche un’impressione di eventuali patologie proprie del piede così come di altri segmenti corporei interconnessi anatomicamente e funzionalmente con esso. Ricerche sperimentali hanno evidenziato come le differenze sessuali e le variazioni allometriche associate con l’aumento della superficie plantare o la statura non sono quantitativamente rilevanti né significative in rapporto alle variazioni di carico.

Applicazioni cliniche

In ambito clinico, l’esame permette lo studio del carico del piede e di eventuali disturbi del sistema muscolo-scheletrico, prevalentemente di interesse ortopedico (ad esempio piede piatto o piede cavo) o neurologico . Tramite questo esame si possono comunque identificare anche patologie correlate al diabete, di tipo vascolare, ortodontico oppure otorinolaringoiatrico, manifestatesi sia durante lo sviluppo che nell’età adulta.
Il test baropodometrico mette chiaramente in evidenza come l’aumento del grasso corporeo dovuto al sovrappeso ed all’obesità possa alterare, in modo anche grave ed in entrambi i sessi, la superficie plantare di contatto con il terreno e la distribuzione della pressione al suolo. 
Lo studio baropodometrico ha finalità di tipo diagnostico, ma ad esso si ricorre anche per valutazioni di tipo chirurgico (pre e post intervento), riabilitativo o di trattamento ortesico (finalizzato pertanto alla realizzazione di un plantare adeguato).

Stabilometria:

 

La Stabilometria è un esame che permette di valutare e misurare l’equilibrio attraverso una pedana computerizzata che risponde a precise norme internazionali di costruzione, sensibilità e taratura.L’esame stabilometrico viene utilizzato per lo studio della postura del soggetto, valutando la distribuzione delle forze verticali sul piano di appoggio e misurando la stabilità del soggetto mediante la precisione del controllo posturale e l’energia utilizzata. Serve per stabilire se un determinato tipo di stazione eretta rientri nei limiti della normalità. Nell’ambito patologico contribuisce: alla diagnosi dei disturbi dell’equilibrio (vestibolopatie periferiche o centrali, disturbi cerebellari, lesioni corticali, disturbi dell’apparato visivo, malattie osteo-muscolari) ; al monitoraggio delle terapie riabilitative e farmacologiche ( come metodo non invasivo indicato per valutare l’influenza di alcuni farmaci con target sul SNC) ; alla valutazione medico-legale per stabilire l’autenticità di disturbi riferibili a colpi di frusta cervicali o ad altre cause.

Elettrostimolatori per riabilitazione e fisioterapia:

A partire dall’amiotrofia ai muscoli denervati, alla rimuscolazione, l’elettrostimolazione trova il suo campo ottimale. Grazie alle contrazioni involontarie e all’alta  frequenza, si riescono ad ottenere in campo riabilitativo risultati sorprendenti.(Attenersi sempre al consiglio del proprio medico)

LE ONDE D’URTO

Da un punto di vista fisico sono definite come onde acustiche ad alta energia. Sono, impulsi pressori con tempi brevissimi di salita del fronte (10  miliardesimi di secondo) e di durata (dell’ordine di 2 – 5 milionesimi di  secondo) che generano una forza meccanica diretta con l’obiettivo principale di  trasferire energia sui tessuti corporei, per stimolarne i processi riparativi.

Cosa sono le onde d’urto

 

Le onde d’urto sono onde acustiche che  accompagnano la nostra vita quotidiana senza essere notate. Il rumore provocato  dai tuoni o la deflagrazione causata da un’esplosione sono esempi in cui le onde  d’urto giocano un ruolo importante. Grazie alle onde d’urto, l’energia può  essere trasmessa a lunghe distanze. Un aeroplano, che infrange la barriera del  suono, genera un rumore molto forte, che può arrivare a far tintinnare i  bicchieri di una credenza. L’onda d’urto ha quindi trasmesso energia  dall’aeroplano sino ai bicchieri.

Le onde d’urto utilizzate in terapia sono delle  particolari onde acustiche con caratteristiche precisate a livello  internazionale (D.I.G.E.S.T).

Da un punto di vista fisico sono definite come  onde acustiche ad alta energia. Sono impulsi pressori con un fronte di salita rapidissimo (circa 10 miliardesimi  di secondo), brevissimi di salita e discesa dello spike (tra 2 e 5 milionesimi  di secondo) e tempi complessivi di durata del ciclo d’onda inferiori a 10  millesimi di secondo. Questi impulsi generano una forza meccanica diretta che  può essere indirizzata sulle parti del corpo da trattare. L’onda d’urto non va  confusa con l’onda ultrasonora che viene frequentemente utilizzata sia a scopo  diagnostico (nell’ecografia), sia a scopo terapeutico (in terapia fisica negli  ultrasuoni). A differenza dell’onda ultrasonora, che ha un andamento  sinusoidale, l’onda d’urto, come detto, ha un andamento ad impulso e valori di  pressione generati molto più elevati, mediamente 1000 volte superiori (circa 500  bar contro 0,5 bar).

La diffusione dell’onda nei  tessuti segue le leggi fisiche delle onde acustiche della trasmissione, della  riflessione e dell’assorbimento, che risultano legate alle caratteristiche  proprie del mezzo e risentono inevitabilmente delle diversità di densità e di  impedenza della cute, del grasso, dei muscoli e dell’osso6. Nella  tabella sono riportate le caratteristiche acustiche di diversi tessuti (tratto  da Dahmen G.P. e coll. Attempto Tubingen, 1955: 175-86 ).

                       

Il Meccanismo d’azione

Il meccanismo d’azione è molto complesso e ancora  in fase di studio approfondito. Le onde d’urto agiscono in modo diverso a  seconda del tessuto patologico che vanno a trattare (ossa, tessuti molli, cute).  In generale stimolano l’attivazione dei naturali processi biologici di  riparazione.

Diversi sistemi di generazione delle onde d’urto

Esistono diversi tipi di apparecchiature per la terapia con onde  d’urto.  Si distinguono per la modalità tecnologiche con le quali le onde d’urto vengono  generate (vedi approfondimenti).

A livello  internazionale sono comunque stati fissati dei parametri tecnici specifici che  comunque debbono essere rispettati per poter definire l’onda emessa come vera  onda d’urto:  Rapido innalzamento della pressione (< 1 µs)  Breve durata ( < 10 µs) ● Elevata  pressione di picco ( > 300 bar).

Protocolli di trattamento

I protocolli di trattamento  possono risultare diversificati nella loro proposizione in relazione alle  caratteristiche proprie delle diverse patologie e dei singoli casi clinici,  ovvero in relazione alle caratteristiche tecnologiche delle diverse  apparecchiature – elettroidrauliche, elettromagnetiche, piezoelettriche.
Tutti i protocolli possono però trovare sostanziale uniformità nella quantità  totale di energia somministrata. Si possono quindi avere differenze nei  protocolli terapeutici per numero di colpi (e quindi di tempo dedicato per  singolo trattamento) e per numero di applicazioni (e quindi numero di sedute  necessarie.

Le controindicazioni alla terapia con onde d’urto

– infezione acuta dei tessuti molli/ossa – malattie primarie perniciose – epifisiolisi nel punto focale – malattie della coagulazione del sangue – gravidanza – pazienti con pacemaker – tessuto polmonare nel punto focale – cervello, midollo spinale, grandi nervi nel punto focale (neurocranio, colonna  vertebrale, costole.

Le indicazioni terapeutiche sull’apparato muscolo-scheletrico

Le patologie ormai avvalorate scientificamente riguardano:
Tessuti ossei Ritardi di consolidamento/pseudoartrosi Necrosi asettica testa omero/femore Fratture da stress Algoneurodistrofia
Patologie dei tessuti molli: Condrocalcinosi gomito, anca, ginocchio Rigidità articolare spalla/gomito/anca/gin. Calcificazione e ossificazione Miositi ossificanti Fibromatosi di muscoli, legamenti, fasce
Tendinopatie dei tessuti molli Tendinopatia calcifica di spalla Epicondilite laterale di gomito Tendinite trocanterica Tendinite della zampa d’oca Tendinite post-traumatica di ginocchio Tendinite del rotuleo Tendinite del tendine d’Achille Fascite plantare con sperone calcaneale

INFORMAZIONI AL PAZIENTE

La terapia con onde d’urto è chiamata anche ESWT (dall’inglese: Extracorporeal Shock Wave Terapy) ed è una nuova terapia non invasiva ed estremamente efficace su particolari tipi di patologie. L’applicazione di questa terapia comporta tempi relativamente modesti e si esegue in poche sedute.

E’ utilizzata da tempo per il trattamento delle patologie a carico dei tessuti molli e delle ossa, sia nell’uomo che in ambito veterinario. Si sta ora sviluppando anche in altri ambiti quali quello urologico per la cura dell’Ipertrofia Penis Plastica, quello odontoiatrico nel sostegno all’implantologia, quello dermatologico per la cura delle ulcere; ulteriori sviluppi relativi ad impieghi sperimentali sono inoltre indirizzati alla stimolazione del muscolo miocardico e alla stimolazione delle cellule staminali.

La Terapia con onde d’urto

Il trattamento con onde d’urto è stato introdotto in medicina già negli anni ’80 e utilizzato nel trattamento della calcolosi renale. Le onde d’urto venivano, e vengono, in questo caso sfruttate per le loro caratteristiche fisiche finalizzate alla frantumazione del calcolo.
Da queste esperienze si passa all’uso sperimentale delle onde d’urto nella stimolazione dei monconi ossei. Nel 1986 vengono avviati i primi esperimenti sulle ossa di animali, e successivamente tale metodica viene applicata nella Osteogenesis Stimulated Shockwave Application (O.S.S.A.) per il trattamento delle patologie ossee in caso di mancata riparazione delle fratture (pseudoartrosi). Nel 1991 viene presentata la prima apparecchiatura dedicata a questo trattamento e da allora si è registrato un rapido sviluppo della “Extracorporeal ShockWave Therapy (E.S.W.T.)” utilizzata anche in altri ambiti terapeutici: dapprima nelle calcificazioni intramuscolari, e successivamente nelle patologie inserzionali tendinee.
Dalla sperimentazione si è passati recentemente all’utilizzo pratico di questa metodica sfruttando le potenzialità specifiche degli effetti delle onde d’urto : • a livello del passaggio osteo-tendineo, • a livello delle calcificazioni intramuscolari, • a livello delle discontinuità ossee nelle patologie di mancata saldatura dei monconi ossei.
La traduzione pratica si è quindi rivelata di grande interesse nella patologia muscolo-scheletrica in tre specifici ambiti di intervento: a) nel ripristino dei processi di riparazione ossea ove si registri un ritardo di consolidazione o una evidente pseudoartrosi; tali situazioni sono relativamente frequenti nelle fratture di tibia o di femore, nelle fratture ulnari e soprattutto a carico dello scafoide carpale. Spesso, soprattutto nei soggetti giovani e desiderosi di tornare in attività si hanno mobilizzazioni precoci che provocano una instabilità rotatoria dei monconi e possono portare ad un ritardo della saldatura ossea. L’evoluzione in pseudoartrosi o in un ritardo di consolidamento ha più probabilità di verificarsi nel caso di traumi che hanno portato i capi ossei ad una notevole distanza tra loro, nel caso di traumi con l’interposizione di tessuti molli tra i monconi, nel caso di interventi chirurgici di osteosintesi con ampio scollamento periostale e, secondo le più recenti teorie, nell’applicazione di sintesi rigide che impediscono l’effetto piezoelettrico di stimolazione dell’osso. b) nel caso di esiti fibrotici e/o calcifici delle lesioni muscolari, quali strappi e lesioni da schiacciamento o da taglio; in tutte quelle situazioni in cui si verifica un versamento ematico è facile la formazione di raccolte inframuscolari che possono organizzarsi e risolversi con un residuo cicatriziale e/o calcifico di difficile trattamento. Tali evoluzioni patologiche possono verificarsi anche in caso di interventi chirurgici ed in particolare di re-interventi. Possono verificarsi anche in assenza di lesioni dirette ma in associazione a patologie neurologiche e in particolare nei comi. In questi casi ad essere maggiormente colpite sono le formazioni paraarticolari dell’anca e del gomito. c) nelle patologie tendinee o nelle patologie da sovraccarico, in particolare nelle tendinopatie croniche resistenti ad altre terapie, con una chiara e circoscritta localizzazione anatomo-funzionale; ad esempio nelle classiche epicondiliti (tennis elbow), nelle sofferenze del tendine d’achille, nella tendinopatia calcifica di spalla, nelle fasciti plantari associate o meno a spina calcaneale.
Con la sperimentazione sui tessuti biologici è stata superata la concezione dell’effetto fisico delle onde d’urto -di frammentazione dei calcoli- grazie alla evidenza di un’azione neovasculogenetica e di stimolazione dell’attività cellulare.
L’utilizzazione delle E.S.W.T si è quindi affermata inizialmente in ambito ortopedico, nei processi di riparazione ossea ove si registri un ritardo di consolidamento o una evidente pseudoartrosi; tali situazioni sono relativamente frequenti nelle fratture di tibia o di femore, nelle fratture ulnari e a carico dello scafoide carpale. In questi casi la presenza di mezzi di sintesi derivanti da precedenti interventi non rappresenta motivo di impedimento alla terapia con onde d’urto. Essa è solitamente eseguita attraverso un puntamento radiologico così da colpire esattamente la zona critica e richiede l’applicazione di una energia elevata; nella maggior parte dei casi un unico trattamento si rivela sufficiente.

Successivamente l’attenzione per questa metodica si è rivolta al trattamento delle tendinopatie croniche resistenti alle terapie tradizionali quali la fascite plantare, la tendinopatia calcifica del sovraspinoso e l’epicondilite. La terapia, in questo tipo di patologie, è proposta in due o tre sedute; sono consigliate circa 2 settimane di intervallo tra le applicazioni successive; l’intensità di energia utilizzata è di livello medio. L’applicazione delle onde d’urto tende a coprire la zona interessata dalla patologia.

Per queste indicazioni è stata ottenuta anche l’approvazione della Food and Drug Administration (per l’apparecchiatura Ossatron OSA140), ma sono anche altre le localizzazioni indicative per la terapia con onde d’urto. In particolare la tendinopatia dell’achilleo, del rotuleo, la trocanterite, la tendinopatia della zampa d’oca. L’indicazione elettiva è quindi rappresentata da sofferenze tendinee croniche resistenti ad altre terapie; l’effetto sulle infiammazioni acute appare meno clamoroso, ma sono molti gli autori che propongono le onde d’urto anche in questi casi. Un discorso particolare riveste il trattamento dell’atleta. Infatti lo sportivo tende a considerare il dolore come unico elemento limitante, ma la terapia con onde d’urto porta solitamente ad una riduzione della sintomatologia dolorosa decisamente prima del suo effetto biologico sui tessuti, inoltre l’effetto fisico della terapia stessa necessita di almeno una settimana per essere assorbito; quindi è importante informare l’atleta e l’allenatore dei tempi da rispettare per la ripresa dell’attività poiché una ripresa incauta potrebbe portare ad effetti negativi anziché ad un miglioramento della sofferenza tendinea.
Successivamente la terapia con onde d’urto è stata utilizzata con successo anche nel trattamento dei processi calcifici muscolari e tendinei. In questi casi si registra spesso un netto miglioramento clinico nella mobilità del segmento cui non corrisponde analoga modificazione del quadro radiografico che si modifica solo molto più tardi.

Buoni risultati sono stati ottenuti anche nella stimolazione della vascolarizzazione in particolari patologie dell’osso quali la necrosi della testa del femore e della testa dell’omero o nelle sindromi algodistrofiche.

Altre applicazioni

Le risposte positive ottenute nel trattamento dei tessuti tendinei hanno indotto l’uso delle onde d’urto anche nel trattamento delle fibrotizzazioni delle fasce e dei tendini come nel caso delle rigidità postraumatiche o nel morbo di Dupuytren. Per analogia l’uso della stimolazione con onde d’urto si è diffuso ad altre branche mediche, infatti in andrologia è stato proposto e si sono ottenuti buoni risultati nel trattamento dell’ Ipertrofia Penis Plastica; in odontoiatria è stata proposta nell’implantologia, in veterinaria per le patologie tendinee analogamente al trattamento umano. Una decisa spinta ad un allargamento del campo applicativo delle onde d’urto è venuta recentemente dalla sua proposizione in chirurgia plastica nel trattamento delle ulcere cutanee; in questo caso è stata messa a punto una particolare sonda generatrice di onde d’urto defocalizzate atte ad una azione superficiale diffusa.

Ulteriori possibili Applicazioni

A livello sperimentale si sta sviluppando una proposta terapeutica peculiare in cardiologia finalizzata alla stimolazione delle zone cicatriziali o sofferenti del muscolo cardiaco dopo infarto miocardio attraverso una specifica focalizzazione dell’onda d’urto. Infine si sta sviluppando un ulteriore ambito di ricerca riferito alla stimolazione della crescita nelle cellule staminali.

Cautele

La terapia ad onde d’urto ha delle nette controindicazioni nel caso di infezioni ossee, sulle cartilagini di accrescimento e nei disordini della coagulazione. Inoltre vi sono delle controindicazioni relative come nel caso di tumori ossei, in caso di gravidanza e nei portatori di pace-maker. Altra controindicazione relativa è rappresentata da infiltrazioni cortisoniche recenti, poiché queste possono alterare la risposta dei tessuti e ridurre significativamente l’effetto biologico cellulare conseguente alla terapia. Particolare attenzione deve essere posta ai possibili effetti indesiderati sui tessuti nervosi e vascolari, che possono venire danneggiati dal trattamento stesso. La terapia ad onde d’urto non deve essere quindi utilizzata a livello della colonna vertebrale, del cranio e del torace.

Dolorosità

Va tenuta presente la possibilità che la terapia possa risultare dolorosa e quindi spiacevole per il paziente; infatti quando l’onda d’urto va a colpire la zona da trattare può giungere a impattare la porzione superficiale dell’osso. Questa porzione “corticale” dell’osso è particolarmente ricca di recettori e sensibile alla stimolazione pressoria. E’ inevitabile la sua sollecitazione quando si va a trattare una sofferenza tendinea molto prossima ai capi ossei o quando si vuole trattare una sofferenza al suo passaggio osteo-tendineo. Il dolore suscitato per ogni onda d’urto è legato al numero di recettori stimolati e quindi all’ampiezza della zona trattata ma soprattutto alla quantità di energia somministrata, più che alla semplice densità di flusso di energia somministrata; la conseguenza di ciò è che alcune apparecchiature risultano più dolorose altre meno. Nella maggior parte dei casi anche questa sensazione dolorosa, seppur fastidiosa, è ben tollerata. Solo raramente si ricorre ad un’anestesia locale. Quando si tratta l’osso è inevitabile colpire direttamente la zona corticale tra l’altro ad una intensità elevata; il dolore provocato è significativo tanto che in questi casi è opportuno utilizzare una blanda forma di anestesia con una sedazione del paziente, anche perchè l’anestesia locale non risulta congrua.

Non va dimenticato che

La maggior parte dei trattamenti riguarda le patologie dei tessuti molli e le infiammazioni muscolo-tendinee. La terapia con onde d’urto agisce su condizioni di sofferenza che hanno cause biomeccaniche spesso distanti dalla sede di infiammazione da trattare; quindi l’efficacia della terapia non è legata solo all’efficacia del trattamento in sé, ma richiede una corretta diagnostica biomeccanica e un trattamento di rieducazione e correzione di sostegno atto a modificare anche le cause originarie della patologia per evitare il rischio che la medesima patologia si ripresenti a breve distanza. E’ quindi importante che la terapia con onde d’urto sia parte di un processo terapeutico più ampio che valuti l’aspetto patologico nell’insieme della condizione clinico-funzionale del soggetto, così che, integrata con altri interventi fisiokinesiterapici, risolva il fenomeno infiammatorio conclusivo e, contestualmente, intervenga anche sulle cause originarie.

In conclusione

Si può quindi affermare che, nei casi in cui vi è una corretta indicazione clinica, l’interesse per il trattamento con la terapia ad onde d’urto si evidenzia – nella riduzione del ricorso al trattamento chirurgico, – nella riduzione dell’uso di farmaci, – nella relativa assenza di effetti collaterali, – nella precoce evidenza della risposta positiva, – nel numero estremamente ridotto dei trattamenti necessari.

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